
In questo articolo ti spiegherò quali è la storia della fotografia: il significato, come è nata e l’evoluzione del corso del tempo.
La fotografia ha avuto un evoluzione e si è affermata nel tempo dapprima come procedimento di raffigurazione del paesaggio e dell’architettura, poi come strumento per ritrarre la nascente borghesia e il popolo. Da sempre contrapposta alla pittura, la diffusione sempre maggiore del mezzo fotografico portò ad uno sviluppo della sensibilità estetica e all’indagine artistica del nuovo strumento, consentendone l’accesso nelle mostre e nei musei. Ebbe inoltre un ruolo fondamentale nello sviluppo del giornalismo e nel reportage e il miglioramento della tecnologia ne contribuì l’estensione anche nella cattura di immagini dello spazio e della macrofotografia micromondo.
Fotografia: il significato
La parola fotografia ha origine da due parole greche: φῶς (luce) e γραφή (scrittura). Letteralmente fotografia significa “scrittura con la luce”.
La fotografia si basa su due principi fondamentali della chimica e della fisica: la reazione di alcuni particolari componenti chimici alla luce e la creazione di un’immagine quando la luce passa attraverso un’apertura in una camera oscura o in una scatola chiusa.
Fotografia: le origini
Alla base del processo fotografico troviamo la camera oscura: la luce entra nella camera o nella scatola oscura attraverso una piccola apertura e viene riflessa sul lato opposto di essa creando così un’immagine capovolta della scena circostante, che verrà corretta grazie all’aiuto di uno specchio.
Nei primi anni dell’800 l’inglese Thomas Wedgwood, sperimentò l’utilizzo del nitrato d’argento, prima rivestendone l’interno di recipienti ceramici, poi immergendovi dei fogli di carta o di cuoio esposti poi alla luce dopo avervi deposto degli oggetti. Si accorse che dove la luce colpiva il foglio, la sostanza si anneriva, mentre rimaneva chiara nelle zone coperte dagli oggetti. Queste immagini, essere viste riposte all’oscuro alla luce di una lampada (a olio) o di una candela.
Niépce si interessò della recente scoperta della fotografia e approfondì gli studi alla ricerca di una sostanza che potesse impressionarsi alla luce in maniera esatta mantenendo il risultato nel tempo.
Scoprì che il bitume di Giudea era sensibile alla luce e lo utilizzò nel 1822 per produrre delle copie di una incisione del cardinale di Reims, Georges I d’Amboise.
Niépce cosparse una lastra di peltro con questa sostanza e vi sovrappose l’incisione del cardinale. Dove la luce riuscì a raggiungere la lastra di peltro attraverso le zone chiare dell’incisione, sensibilizzò il bitume, che indurendosi non poté essere eliminato dal successivo lavaggio con olio di lavanda. La lastra finale poté essere utilizzata per la stampa.
Niépce chiamò questo procedimento eliografia e lo utilizzò anche in camera oscura per produrre dei positivi su lastre di stagno.
A causa della lunghissima esposizione necessaria, fino a otto ore, le riprese all’esterno furono penalizzate dalla luce solare che, cambiando orientamento, rese l’immagine irreale. Maggior successo ebbero le eliografie con luce controllata, ovvero in interni, e su lastre di vetro.
A Parigi si mise in contatto con Daguerre, con il quale continuò le ricerche in comune. Dopo quattro anni, nel 1833, Niépce morì senza aver potuto pubblicare il suo procedimento. Il figlio Isidore prese il posto nell’associazione con Daguerre e Daguerre modificò il contratto e impose il nome dell’invenzione in dagherrotipia, anche se mantenne il contributo di Joseph Niépce.
Nel 1837 la tecnica raggiunta da Daguerre fu sufficientemente matura da produrre una natura morta di grande pregio.
Daguerre utilizzò una lastra di rame con applicata una sottile foglia di argento lucidato, che posta sopra a vapori di iodio reagiva formando ioduro d’argento.
Seguì l’esposizione alla camera oscura dove la luce rendeva lo ioduro d’argento nuovamente argento in un modo proporzionale alla luce ricevuta. L’immagine non risultava visibile fino all’esposizione ai vapori di mercurio. Un bagno in una forte soluzione di sale comune fissava, seppure non stabilmente, l’immagine.
Fotografia: l'evoluzione
Le prime fotografie destarono subito l’interesse e la meraviglia dei curiosi che rimasero sbalorditi dalla fedeltà dell’immagine e di come si potesse distinguere ogni minimo particolare.
La fotografia si affiancò e in alcuni casi sostituì gli strumenti di molti specialisti. La possibilità di catturare un paesaggio in pochi minuti e con una elevata quantità di particolari fece della fotografia l’ideale strumento per i ricercatori e i viaggiatori.
Nonostante questi successi incoraggianti, la fotografia incontrò inizialmente dei problemi nel ritrarre figure umane a causa delle lunghe esposizioni necessarie. Anche se illuminato da specchi che concentravano la luce del sole, immobilizzato con supporti di legno per impedire i movimenti, il soggetto doveva comunque sopportare un’esposizione di almeno otto minuti per ricevere una fotografia in cui appariva con occhi chiusi e un atteggiamento innaturale.
Grazie ai progressi tecnologici l’esposizione venne ridotta a pochi secondi e per questo si potette utilizzare la fotografia anche nei ritratti.
La moda dei ritratti si sviluppò rapidamente e ne usufruirono tutti i ceti sociali, grazie all’economicità del procedimento.
I soggetti erano ripresi solitamente in studio, su di uno sfondo bianco, anche se numerosi furono i fotografi itineranti, che si muovevano con le fiere e nei piccoli villaggi. A causa della mortalità ancora elevata, specialmente quella infantile, vennero prodotte anche immagini che ritraevano neonati o bambini deceduti, immortalati su piccole fotografie racchiuse all’interno di ciondoli come ultimo ricordo
Fotografia: l'industria fotografica
La richiesta sempre pressante di materiali, strumenti e fotografie produsse un nuovo mercato di fabbriche e laboratori specializzati.
I laboratori fotografici divennero delle catene di montaggio dove ogni compito era demandato ad un singolo individuo. Una persona si occupava della preparazione delle lastre, che venivano portate al fotografo per l’esposizione e in seguito assegnate ad un altro collaboratore per lo sviluppo. Infine, le lastre erano pronte per il fissaggio conclusivo in un’altra stanza. Erano inoltre presenti delle assistenti per accogliere i clienti e indicar loro la posa più opportuna.
Anche la fotografia paesaggistica fornì elevate quantità di cartoline raffiguranti vedute, monumenti, quartieri o edifici storici da consegnare al turista in visita.
La necessità di produrre lenti e apparecchiature fotografiche vide la nascita e lo sviluppo di importanti aziende fotografiche, che grazie al loro impegno e sviluppo portarono numerose innovazioni anche nel campo dell’ottica e della fisica. Già nella seconda metà del 1800 furono fondate aziende importanti come la Carl Zeiss, la Agfa, la Leica, la Ilford, la Kodak e la Voigtländer.
Alle soglie del 2011 nella rivista fotografica Italiana FotoCult si prese atto che “l’era della fotografia analogica di massa” era chiusa
Fotografia: sensibilità artistica
Alcuni laboratori imposero uno stile estetico più ricercato, producendo ritratti più attenti al carattere del soggetto, utilizzando pose audaci, inquadrature più ravvicinate e illuminazioni studiate. A capo di questi laboratori troviamo solitamente dei pittori, scultori o artisti riconvertiti alla fotografia, che adottarono le tecniche delle arti maggiori anche nel nuovo procedimento.
Ambientazioni particolari, drappeggi di velluto e luci soffuse esaltarono il soggetto, e dove non arrivava la scenografia si utilizzò il ritocco della fotografia, ammorbidendo i segni dell’età o cancellando imperfezioni. La tecnica del ritocco è stata sempre un’attività discussa tra chi intende la fotografia come un documento della realtà e chi vuole uno strumento flessibile per migliorare o realizzare la visione artistica del fotografo.
L’approccio estetico alla fotografia richiese l’adozione di alcune tecniche per introdurre degli effetti pittorici e rendere l’immagine comparabile al dipinto, per questo furono utilizzate la doppia esposizione e il fotomontaggio.
Fotografia: il digitale
Il progresso dell’elettronica permise di adottare alcune delle ultime scoperte anche nell’acquisizione delle immagini.
La prima vera fotografia ottenuta attraverso un processo esclusivamente elettronico fu realizzata nel dicembre 1975 nei laboratori Kodak dal prototipo di fotocamera digitale di Steven Sasson.
Le altre ricerche sulla fotografia digitale per uso di massa furono rallentate dai continui miglioramenti delle fotocamere a pellicola, che proposero modelli sempre più semplici e comodi da usare, come la Konica C35-AF del 1977, il primo modello di fotocamera totalmente automatica.
Solo quando le emulsioni fotografiche non permisero ulteriori miglioramenti e la tecnologia digitale raggiunse un livello qualitativo equiparabile, allora l’interesse dei consumatori si trasferì sul nuovo procedimento. Il settore in cui un sensore digitale è stato visto e seguito ben prima che nella classica fotografia reflex amatoriale o professionale, è stata la fotografia astronomica.
Il digitale sostituì la pellicola nei settori dove la visione istantanea del risultato era un fattore determinante, come nel giornalismo. Inoltre la produzione di un gran numero di compatte digitali totalmente automatiche invase il mercato riscontrando il favore del fotografo occasionale, che poté conservare e rivedere le immagini direttamente nella fotocamera.
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